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Friday, February 20, 2009

Friday, February 20, 2009 7:31 pm by M. in ,    No comments
La Stampa interviews Davide Livermore, director of Le Sorelle Brontë, the stage production of the opera buffa by Bernard de Zogheb at the Biennale di Venezia. The interview reveals that Livermore's approach highlights the more controversial and sensationalistic aspects of the original piece. The pictures are courtesy of the Press & Communication Office of La Biennale:

Le Sorelle Brontë. Charlotte autrice di Jane Eyre; Emily, autrice di Cime tempestose; Anne, la sorella minore, autrice di Agnes Grey. Si può raccontare la storia anche lacrimosa delle tre scrittrici vittoriane virata al ridicolo? Occorre unire la perfidia e la svagatezza di certe dame di Paolo Poli, al gusto baraccone delle ballerinazze dei Trockadero o delle sante della compagnia D'Origlia Palmi, aggiungere la parodia sapida del Quartetto Cetra (per chi se lo ricorda) quando nella Biblioteca di Studio Uno raccontavano a modo loro un classico. Da Tosca («Stasera mi butto») al Conte di Montecristo («Faria la O»). Davide Livermore, regista, cantante, attore, lo racconta in maniera più seria questo spettacolo, di cui è regista e interprete, che il 20 febbraio a Venezia inaugura la Biennale Teatro per poi partire in tour fra Torino (Teatro Baretti il 5 e 6 marzo), Alessandria e al Festival di Portici.

Che cos'è questo Sorelle Brontë?
«È un'opera buffa da casa. Scritta nel 1964 da Bernard De Zogheb, intellettuale vissuto ad Alessandria d'Egitto fra l'inizio del ’900 e gli Anni 80 in un irripetibile clima colto e cosmopolita. Realizzata ad uso e consumo suo e dei suoi amici che si riunivano la sera nel suo salotto. Racconta la vita delle tre sorelle Brontë che viene presa, fatta a pezzi, estremizzata, messa in ridicolo, piena di doppi sensi e allusioni sessuali. Certe situazioni come l'amore fra Emilia e il fratello Branwell, sono state amplificate in maniera grottesca. I tre caratteri si possono sintetizzare così: Carlotta è la ladra, Anna la suora, Emilia l'incestuosa».

Lei in scena cosa c'entra con le sorelle Brontë?
«Alfonso Antoniozzi, baritono, ed io recitiamo e cantiamo en travesti. Lui fa Carlotta. Io faccio Emilia».

E Anna?
«Anna, nella nostra finzione, è stata colpita da un ictus e non canta. La sua parte la eseguono dieci badanti».

Dieci badanti?
«Ambientiamo Le sorelle Brontë in una casa di riposo. Le badanti sono scelte dal corso per cantanti d'opera che dirigo alla scuola dello Stabile di Torino. Tutta la vicenda è cantata su musiche di canzoni famose con un testo parodistico, proprio come faceva il "Quartetto Cetra" nella "Bilioteca di Studio Uno". De Zogheb ha scritto il libretto e fianco a questo libretto ha segnalato la canzone di riferimento. Musiche molto conosciute tipo Amado Mio o Le foglie morte».

Chissà che fatica tradurre tutto.
«Non è stato tradotto nulla. Perché De Zogheb scriveva in lingua franca, cioè quell'idioma nato nei porti del Mediterraneo e formato da tutte le lingue parlate nei paesi che si affacciano sul mare. Storicamente è stato utilizzato anche da Goldoni o Gozzi. Per esempio in certi passaggi dell'Impresario delle Smirne, Alì il turco parla in lingua franca. Ci sono anche termini arabi perché De Zogheb scriveva ad Alessandria d'Egitto. Il gioco era questo: “Troviamoci questa sera da Bernard e facciamo l'opera”. Così per facilitare il gioco lui aveva scritto questo testo. Che poteva essere cantato anche senza accompagnamento».

Come è nata l'idea di mettere in scena Le Sorelle Brontë?
«Il testo me lo aveva suggerito Carlo Mayer. Ma non è stato facile ritrovarlo perché lo aveva pubblicato Adelphi nel 1964 ed era andato esaurito. Abbiamo trovato una vecchia copia di seconda mano su Amazon. Ci siamo trovati di fronte ad alcune canzoni oggi non più riconoscibili. Così Andrea Chenna, che ha curato la ricerca musicale, ha dovuto sostituire alcune melodie ormai dimenticate con alcuni pezzi d'opera, per esempio il concertato del Rigoletto o del Barbiere di Siviglia».

Una bella compilation.
«Ci sono anche Funiculì funiculà, Valencia, l'inno irlandese (cantato in polifonia, serve per celebrare la britannicità della famiglia Brontë), Rosamunda l'inno dei marines, Na sera ’e maggio, Arrivederci Roma». (Sergio Trombetta) (Google translation)

Opera-Oggi has more information:
Nella serata di domani il Festival apre i battenti contemporaneamente a Venezia e Mestre con due spettacoli: un singolare esperimento tra il vaudeville e l’operetta di Bernard de Zogheb, ‘Le sorelle Bronte’ (Teatro Goldoni di Venezia, ore 20.30), di cui gli ideatori Stefano Valanzuolo e Davide Livermore avevano dato un saggio nel corso del Laboratorio Internazionale del Teatro, e la libera versione di un classico goldoniano, ‘Argelino servidor de dos amos’, in cui lo ‘zanni’ diventa un immigrato magrebino, realizzato da una delle formazioni teatrali protagoniste della nuova scena spagnola, la compagnia Animalario diretta da Andre’s Lima (Teatro Toniolo di Mestre, ore 20.30). “La vita puo’ essere un viaggio, un transito. Una chiatta piena di esseri umani, nel mare, alla merce’ delle onde - scrive il regista Andre’s Lima. Puo’ essere che in questa chiatta tutti ricerchiamo la felicita’. Solo i rapporti di dominio che alcuni esseri umani impongono ad altri rendono il viaggio amaro. E la fame. La commedia ‘Argelino servidor de dos amos’ trae origine da questa tragedia. Nasce dalla lotta di classe, dalla lotta tra sessi diversi, dalla lotta per trovare lavoro, per incontrare un compagno o una compagna, per mangiare per sopravvivere. E’ attuale? Puo’ essere che lo sia. Potete dare un’occhiata al giornale di oggi”. Come l’Arlecchino nostro contemporaneo, anche ‘Le sorelle Bronte’ nascono sulle sponde mediterranee. Scritto in lingua franca, un esperanto commerciale in uso nei porti del Mediterraneo e sopravvissuto fino alla meta’ del secolo scorso, soprattutto nell’ambiente cosmopolita di Alessandria d’Egitto di Bernard de Zogheb, ‘Le sorelle Bronte’ colloca nella nebbiosa brughiera dello Yorkshire le stravaganti peripezie delle tre note scrittrici inglesi. In una girandola di travestimenti musicali - che confondono colto e popolare, kitsch e sublime - ma anche squisitamente letterari e teatrali, si rivelano il comico ed il grottesco di un’opera ‘di frontiera’, a cavallo tra musical, varieta’ ed opera lirica. (AGI) (Google translation)
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