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    4 weeks ago

Thursday, February 26, 2009

Thursday, February 26, 2009 4:26 pm by M. in ,    No comments
Non Solo Cinema reviews the production of the comic opera Le Sorelle Brontë by Bernard de Zogheb at the Biennale di Venezia:
(Pictures Source)
Lo spettacolo di Davide Livermore, con la collaborazione drammaturgica di Stefano Valanzuolo, ripercorre in modo divertente il libretto, ma non rende appieno la componente linguistica che si percepisce solamente con intercalari e cadenze delle badanti che si occupano delle tre sorelle. Sarebbe stata utile la presenza dei sopratitoli o fornire una spiegazione del lavoro di adattamento. La vicenda, assolutamente demenziale, procede bene tra costruzioni musicali che richiamano generi completamente diversi tra loro, e momenti allegri e giocosi, come non mancano spunti di riflessione e di satira di costume anche su temi attuali. Perspicaci le stoccate alle suore tiranne delle case di riposo, o alla tratta delle badanti dell’est Europa, così come è spiritosa la chiacchierata tra Emiglia e Dio. Molto meno risulta l’infelice richiamo ad una realtà attuale e problematica come la fine della vita, troppo seria per essere usata a misero espediente di richiamo. Una caduta di stile che lo spettacolo tuttavia regge perché la storia è portata avanti dai bravi attori-cantanti, capitanati da uno spiritoso e disinvolto Alfonso Antoniozzi nei panni di Carlotta, la perfida delle tre sorelle. (Sebastiano Bollato) (Google translation)
Another review can be found on Cazzeggi litterari :
Dal solo titolo, tuttavia, pochi avrebbero potuto sospettare che si trattava, in realtà, di un musical e per giunta tutto da ridere. È una sorta di rivisitazione alla Paolo Poli della biografia delle ardenti sorelle scrittrici, a partire dal seguente pretesto: all'interno della clinica e casa di riposo per artisti "CIME TEMPESTOSE", gremita di infermiere e badanti d'ogni parte d'Europa (ma soprattutto dell'Est), la madre superiora impone che si rappresenti la dimenticabile pièce in lingua franca "Le sorelle Brontë", già cavallo di battaglia di un'anziana ospite, la "Signora". Il tutto per compiacere, appunto, i parenti della catalettica ex attrice, principali sostenitori della struttura. Ed ecco che, in un giorno di visite, la sgangherata compagnia composta da vecchi e malmessi ospiti della casa, da un multietnico staff di badanti, da una suora e da un infermiere propone il risultato dei loro comici sforzi: siamo nel salotto di casa Brontë, il capofamiglia è morto lasciando nella disperazione le tre figlie Anna, Carlotta, Emiglia (sic!) ed il fratello etilista Branwell... (Lucio Angelini) (Google translation)
The Festival Internazionale di Teatro's blog also posts a review of the show (with some pictures):
Vaudeville, cabaret, operetta: difficile dare una definizione a Le sorelle Brontë in scena al Teatro Goldoni per la regia di Davide Livermore. Parti recitate si alternano ad altre cantate sulle arie più disparate e note, da Verdi a famosissime canzonette, in una scena semplice che, con pochi elementi, ricostruisce un ospizio di qualche decennio fa. Infermiere e suore di tutte le nazionalità rendono viva e assolutamente plausibile l’astrusa lingua franca in cui è composto il libretto di de Zogheb.
Il gioco musicale è dichiarato fin dalle prime battute, aggiunte al testo originale da Stefano Valanzuolo per creare un’introduzione ed una giustificazione alla messa in scena dell’operetta all’interno della casa di cura – che diviene una recita per i parenti degli anziani ospiti, a tratti fin troppo coerente con questa trovata drammaturgica, con gag un po’ ingenue. Il preambolo è anche occasione per creare, sfruttando la multietnicità del cast, un momento di palese satira sulla condizione dei moltissimi lavoratori extracomunitari nel nostro Paese ai quali decreti-“sicurezza” impediscono diritti umani basilari.
Satira che tornerà con forza nel finale, dove una presa che tiene in vita la moribonda Emilia Brontë viene staccata, richiamando inevitabilmente alla mente recenti fatti di accanimento terapeutico, religioso e mediatico. Carlotta Brontë ridarà vita alla sorella per qualche minuto ancora, riattaccando la spina, ma citando e beffeggiando la recente pubblicità progresso: “il teatro allunga la vita”.
Forse il Consiglio dei Ministri pretende un po’ troppo dal teatro, ma se non allunga la vita, sicuramente uno spettacolo come Le Sorelle Brontë farà passare agli spettatori due piacevoli ore, grazie soprattutto ai mattatori Davide Livermore e Alfonso Antoniozzi, che divertono e si divertono in scena senza mai risparmiarsi. Il resto del cast, interamente femminile e composto dalle giovani allieve della scuola di Alto Perfezionamento dello Stabile di Torino, affronta con bravura e convinzione la versatilità richiesta da una partitura canora così multiforme, senza lasciare in secondo piano la recitazione ed i balletti a cui sono chiamate per questa messa in scena. Il risultato di questo grande impegno è un gioco spassoso, volutamente senza alte pretese, che a volte insiste forse troppo a lungo su alcuni momenti, ma che, nel complesso, apre le porte a un divertismant raro da vedere di questi tempi. (Silvia Gatto) (Google translation)
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